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La complicità: il filo invisibile che resiste al tempo

  • mayam21
  • 1 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Ci sono legami che vanno oltre la presenza quotidiana, oltre le parole, oltre il tempo che scorre. Legami che non hanno bisogno di spiegazioni né di continue conferme. Sono quelli costruiti sulla complicità: quella magia silenziosa che unisce due persone, in qualsiasi tipo di rapporto — che sia amore, amicizia, fratellanza o qualcosa che non ha nemmeno un nome preciso.


La complicità è fatta di sguardi che parlano, di silenzi condivisi che non pesano, di risate che scoppiano insieme senza sapere bene perché. È quella sensazione di sentirsi capiti senza dover dire tutto. Di sapere che, anche se non ci si sente per mesi o non ci si vede da anni, basta un messaggio, una voce, un incontro improvviso per ritrovarsi esattamente dove ci si era lasciati. Come se nulla fosse cambiato. Come se tutto fosse cambiato, ma non quello.


È un filo invisibile che tiene unite due anime. E quel filo, se è autentico, non si spezza. Può tendersi, allungarsi, sembrare sottile… ma non si rompe. Perché la complicità vera non dipende dalla quantità di tempo trascorso insieme, ma dalla qualità dello spazio che si è creato l’uno nell’altra.


Quante volte ci sorprendiamo a pensare a qualcuno con un sorriso, ricordando un momento condiviso, un gesto, una frase, una serata? Quante volte, rivedendo quella persona, ci accorgiamo che il cuore riconosce prima della testa?


La complicità è un rifugio. È quella presenza che non invade ma c’è. Che non pretende ma accoglie. È sentirsi a casa, anche a chilometri di distanza. È sapere che, se ci guardiamo negli occhi, non serve spiegare nulla.


E allora sì, è importante. Anzi, fondamentale. Perché la vita cambia, le persone crescono, i percorsi si dividono… ma chi ha condiviso con noi quella scintilla resta. Anche quando non resta fisicamente. Anche quando tutto il resto cambia.


Per questo, quando la ritroviamo — magari per caso, dopo anni — ci sembra di respirare più a fondo. E in quel momento capiamo che non era solo un bel ricordo: era, ed è ancora, una parte viva di noi.

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